L'importanza di essere social per le PMI
Scritto da Dott. Tomaso Trevisson
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Facebook, Twitter e blog sono entrati rapidamente nelle imprese rivoluzionando il rapporto tra le persone e arricchendolo di una dimensione sociale. Le piccole e medie imprese in particolare sono sempre più consapevoli del fatto che i social network, se utilizzati in un certo modo, possano apportare benefici, a livello di visibilità e per fare brand awareness.
Nel corso degli anni infatti, il web ha rivoluzionato il tradizionale e-commerce. Grazie alla rete di social network, blog e portali in cui pubblicare video, immagini e commenti, chiunque è in grado di trovare le informazioni utili per la sua ricerca. L’expertise degli utenti sul web tra l’altro è migliorata molto rispetto a qualche anno fa: oggi si naviga per cercare pareri personali, esperienze di altri utenti, per capire se ci si possa fidare o meno di un prodotto/servizio. Prima di acquistare qualsiasi cosa su Internet, per l’utente è diventata quasi routine cercare informazioni sul prodotto o servizio rivolgendosi a persone che l’hanno già acquistato. Dialogano sui social network, si scambiano pareri e informazioni su blog e forum e molto spesso il tutto avviene senza che l’azienda ne sia al corrente. Insomma, i Social Network per i consumatori sono strumenti potentissimi che consentono loro di verificare la bontà delle offerte, e più in generale, della comunicazione di qualsiasi impresa. Eppure, essere “social”, oggi, non è prerogativa dei singoli individui ma può essere un vantaggio anche per le PMI. Alcune ricerche dimostrano che l’uso dei social media può apportare per le aziende almeno sette vantaggi:
maggiore visibilità del marchio e dei prodotti aziendali (per l’85% delle aziende);
incremento del traffico verso il sito web aziendale (per il 63% delle aziende);
supporto alla costruzione di nuove relazioni commerciali (per il 56% delle aziende);
migliore posizionamento sui motori di ricerca (SEO) 54%;
acquisizione di contatti in target 52%;
supporto alla vendita di prodotti e servizi 48%;
riduzione degli investimenti in pubblicità tradizionale 48%.
Tuttavia il mondo social non sembra ancora essere così radicato nelle imprese italiane, perché non viene ancora percepito come uno strumento strategico di supporto al business. A rivelarlo, uno studio condotto fra maggio e novembre 2010 dall'Università Iulm di Milano, che ha censito i comportamenti e le attitudini all'utilizzo del Web 2.0 di 720 aziende di tutte le dimensioni attive sull'intero territorio nazionale e in sei diversi settori (moda, alimentare, alimentare, sanitario, pubblica amministrazione, banche ed elettronico). Basandosi su un indicatore che misura in una scala da 1 a 10 il livello di sviluppo delle attività di social media marketing messe in atto dalla singola azienda, il dato in questione si è fermato a 0,79, con una percentuale che va dall'1,75 delle aziende più grandi allo 0,16 di quelle più piccole. Le eccezioni non mancano, e riguardano specificatamente il settore bancario e alcuni enti pubblici. Eppure il quadro generale della diffusione dei social media in azienda non è affatto così disastroso, dato che circa il 10% delle piccole aziende ne fa uso in modo sistemico, circa il 35% di quelle medie ha puntato su almeno un canale di comunicazione di questo tipo e il 58% di quelle di grandi dimensioni è attiva su uno o più siti. Gli strumenti più utilizzati? Facebook ovviamente, utile soprattutto per creare community intorno al brand o a specifiche iniziative commerciali, LinkedIn, per rafforzare le relazioni B2B con altri imprenditori, anche verso l’estero, i blog, per creare canali di conversazione informali e partecipativi con il proprio target e infine YouTube i cui video sono molto efficaci per presentare le caratteristiche di nuovi prodotti e servizi. Twitter risulta invece ancora poco conosciuto in Italia, anche se è uno strumento molto efficace per comunicare news e informazioni in tempo reale al proprio mercato di riferimento. Un ulteriore strumento che in futuro potrà offrire grandi vantaggi alle PMI è Foursquare, molto efficace per stimolare le occasioni di incontro sul territorio e promuovere specifiche iniziative commerciali.
Se ancora il trend social non si è sviluppato in Italia è solamente questione di tempo. Potenzialmente infatti, le due caratteristiche delle PMI italiane (conduzione familiare e forte legame con il territorio) costituiscono un terreno fertilissimo per costruire un’identità online. Questi due fattori consentono agli imprenditori di godere già in partenza di una rete di relazioni consolidata nel tempo, che consente loro di fare rete con fornitori, clienti e altre imprese presenti sul territorio. Il territorio di appartenenza (comune, provincia, regione) è dunque la prima community in grado di aggregare tutti gli stakeholders dell’azienda intorno al proprio brand, ai prodotti e/o ai servizi offerti.
Ma cosa significa “essere social” per le PMI?
Considerato il fatto che, come abbiamo detto precedentemente, gli utenti, confrontandosi sui Social Network, sono diventati esperti nel distinguere una buona offerta da un’altra meno buona, e dato che le PMI possono sfruttare gli strumenti messi a disposizione dalla rete per acquisire vantaggi in termini di competitività e relazioni con il mercato, essere social significa rispondere ad una semplicissima domanda: preferisci che sia l’azienda a far parlare di sé o lasci che ne parlino gli altri? Una PMI si considera social nel momento in cui decide di non lasciare in mano di altri la propria brand reputation e inizia a sfruttare lei le possibilità offerte dal social media marketing, ovvero quel marketing che si occupa di aumentare la visibilità aziendale sui social media e comunità virtuali ma soprattutto creare delle relazioni con gli utenti.
Essere social per le Pmi significa dunque passare definitivamente alla cultura digitale, senza sottovalutare in alcun modo l’impatto che questo cambiamento avrà sull’azienda, sui processi e sul modello operativo. In particolare, sarà fondamentale la comunicazione d’impresa, che dovrà essere ritenuta come un vero e proprio piano di lavoro i cui frutti cominceranno a vedersi sul medio-lungo termine.
Quali sono gli step per diventare Social?
Il primo passo è ascoltare e quindi monitorare le conversazioni. Subito dopo inizia il lavoro d’interazione e dialogo, che porterà l’azienda alla creazione di una relazione tra brand e cliente finale. Il terzo step è coinvolgere attivamente gli utenti, rendendoli promotori dell’innovazione dei propri prodotti o servizi fino a trasformarli in veri e propri ambasciatori del marchio.
Partecipare è la parola d’ordine per costruire una propria identità social in Rete. E non si tratta di una partecipazione spensierata, ma di un’attività che richiede tempo, impegno e professionalità. Il segreto per raggiungere ottimi risultati in termini di notorietà, customer satisfaction e vendite è saper ascoltare la rete e dialogare con le persone che ne fanno parte. L’azienda deve fare molta attenzione nell’esprimere giudizi, commenti o fornire notizie, in quanto esse circolano in rete con una velocità incredibile, influenzano i giudizi di altri, e sono soggetti ad ulteriori giudizi che se per disgrazia dovessero essere negativi, rischierebbero di rovinare la reputazione del marchio. Un cliente insoddisfatto potrebbe diventare un potenziale pericolo per la reputazione aziendale: basti pensare che un suo commento negativo potrebbe essere più incisivo di 10 commenti positivi sull’azienda.
Ecco perché, per sfruttare le reti sociali, imprese piccole e grandi si stanno via via orientando verso tre attività di fondo, gestite da esperti di comunicazione, integrate tra loro e tutte fondamentali:
sviluppo di contenuti,
community management,
analytics in tempo reale, che permette alle aziende di estrarre preziosi "feedback" relativi ai propri clienti attraverso i social network più diffusi.
A livello invece di gestione della Social Analytics, sono essenzialmente 4 gli step di esperienza:
livello Reach, dove i responsabili Marketing si limitano a conoscere il numero di fan, follower, visitatori e discussioni sono in atto;
livello Engagement, dove in aggiunta vengono analizzate l’attività, la partecipazione, i commenti, i “Mi piace”, le condivisioni e i giudizi;
livello Advocacy, nel quale si riesce a identificare e incoraggiare i comportamenti degli utenti associati con i brand così da incrementare le ricadute positive per l’azienda;
livello Return on Investment, dove le aziende impostano addirittura strategie di business, con obiettivi precisi basati sull’analisi delle proprie reti sociali.
Come si è visto, le opportunità di innovare sfruttando la rete social esistono e vengono già sfruttate da numerose aziende con ottimi risultati. Purtroppo però in Italia, molte imprese sono ancora diffidenti verso questi nuovi potentissimi strumenti e preferiscono rimanere ancorati ai tradizionali sistemi di pubblicità e marketing, sottovalutando le opportunità che invece offre il web per migliorare la loro competitività sui mercati nazionali ed internazionali.