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La situazione italiana dei media: tra conferme ed incertezze

Dott. Tomaso Trevisson Scritto da 

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Il termine “medium”, pur essendo penetrato profondamente nel nostro linguaggio quotidiano, non presenta dei confini particolarmente definiti, ma si presta, al contrario, ad una molteplicità di interpretazioni. A qualcuno potrebbe ricordare semplicemente uno strumento fisico, a qualcun altro un intero apparato di trasmissione o il contenuto veicolato, e la definizione potrebbe arrivare ad abbracciare persone, ruoli, regole di codifica, linguaggi, relazioni e, come si dice in questi casi, chi più ne ha più ne metta.


Parlando di media non possiamo non scomodare McLuhan e la sua provocatoria definizione “the medium is the message”: su ciascun media, passato, presente e futuro che sia, si incrociano differenti variabili sociali, economiche e cognitive che inevitabilmente influiscono sul pensiero collettivo e sulla cultura stessa di una società. Nel contesto attuale la tecnologia è entrata a far parte in maniera integrante della nostra quotidianità, evolvendosi con essa in un rapporto dialettico: leggere queste riflessioni digitali non sarebbe stato possibile senza un’evoluzione tecnologica, la quale determina una costante condizione di novità e rielaborazione anche – e forse soprattutto – culturale. Al concetto di bene fisico si sostituisce sempre più quello di bene intellettuale, di contenuto, al concetto di distribuzione subentra quello di comunicazione, all’utilizzo il consumo. In sostanza i media rappresentano il mezzo attraverso il quale l’uomo si interfaccia con il mondo esterno, per qualcuno essi rappresentano addirittura una sorta di protesi sensoriale e percettiva, in grado di definire nuove pratiche intellettive e comunicative, nuovi linguaggi, nuove forme di produzione, gestione e diffusione della conoscenza.


Ai media tradizionali e nuovi si è rivolto l’interesse dell’Osservatorio New Media & Tv della School of Management del Politecnico di Milano, il quale, in una Ricerca riferita al 2010/2011, si è posto, come obiettivi, quelli di valutare quantitativamente il mercato di riferimento nelle sue principali articolazioni, di analizzare criticamente l’evoluzione dell’offerta sulle diverse piattaforme digitali, di studiare la convergenza tra tali piattaforme, di valutare l’impatto sul mercato dei nuovi canali fruitivi e di individuare nuovi modelli di business e possibili scenari futuri.

Rispetto all'anno precedente, nel quale aveva perso oltre il 10% a causa della crisi economica mondiale, nel 2010 il mercato complessivo dei media torna a crescere, registrando un + 3,6%, per un valore complessivo di 17 miliardi di Euro. Il dato considera sia la pubblicità, sia i ricavi provenienti dai servizi a pagamento: con riferimento al primo punto è stata valutata una crescita del 6% per il settore televisivo (canali tradizionali e all digital) e addirittura del 12% per la radio, mentre continua a decrescere, seppur in forma più contenuta, la raccolta sulla stampa (- 4%). Con riferimento al secondo punto, invece, aumentano i ricavi delle pay tv (+ 6%) e lievemente anche quelli della stampa (poco più dell’1%).

“LA DINAMICA DEL MERCATO DEI MEDIA”

Considerando la struttura dei media in Italia, ci si accorge di come, tutto sommato, essa si sia mantenuta piuttosto stabile: a dominare è sempre il settore televisivo che da solo vale il 55% del mercato, seguito dalla carta stampata (34%), dal web (6%), dalla radio (3%) e dal mobile (2%).

Tuttavia, proprio il 2010, dovrà essere considerato – assicurano i promotori della ricerca – come l’anno delle novità: “mai in passato si erano concentrate in un solo anno così tante innovazioni”. L’iPad e gli altri Tablet, “pensati appositamente per la fruizione di contenuti multimediali da Internet”, hanno avuto il merito di riformulare in modo innovativo le funzionalità del mobile computing; si è assistito al boom delle Mobile Application per Smartphone (le più recenti stime parlano di oltre 700 mila applicazioni) e il concetto di Application Store è stato introdotto anche nel mondo dei pc; si sono diffuse le Connected Tv, vale a dire quelle televisioni che consentono di fruire di contenuti multimediali provenienti dal mondo della rete, tramite scheda incorporata e con specifici widget.

“IL PESO DEI DIVERSI MEDIA”

Con una metafora azzeccata, l’analisi definisce il mercato dei media come una cipolla a strati concentrici, dove ad un nocciolo duro, “propriamente riconducibile al concetto di media in senso stretto”, si accompagnano le diverse accezioni di media, che arrivano, a volte, a confondersi con l’universo entertainment. Concentriamo, allora, la nostra attenzione sulle conseguenze della diffusione di contenuti e servizi digitali tra i media; tali conseguenze sono rappresentate, in definitiva, dal concetto di “new media”, o media digitali appunto, cioè da “tutti quei media che si basano su reti distributive digitali e vengono fruiti dagli utenti tramite terminali digitali”. Complessivamente i media digitali continuano a crescere (+10%), per un valore di mercato pari a 5 miliardi di Euro (29% del mercato complessivo dei media), grazie proprio alle sofa-tv digitali (+10%) – sia nella componente pay (+6%), sia, soprattutto, nella raccolta pubblicitaria (+47%) – e alla pubblicità su Internet (+13%).

I new media possono essere raggruppati in tre macro-categorie: i sofa-media, che si basano su piattaforme televisive digitali (Sat Tv, DTT, IpTv e Connected Tv) e sono resi disponibili su schermo televisivo “tradizionale”; gli internet-media, fruibili da un qualsiasi pc o tablet; mobile-media, che sfruttano telefoni cellulari o smartphone. Tra questi, a prevalere sono i sofa-media, con un peso pari a circa il 73%, mentre gli internet-media occupano il 22% e i mobile-media il 5%.

Con riferimento ai sofa-media, allora, si nota come l’offerta sia diventata sempre più ricca; il passaggio al digitale terrestre (DDT) ha riguardato, a fine 2010, il 64% della popolazione italiana ed è aumentato il numero dei canali che occupano le frequenze digitali (da 53 a 92 canali); cresciuta anche l'offerta di Sky sul satellitare, con 24 canali in più rispetto al 2009 e con un occhio particolare per l’alta definizione: attualmente sono ben 36 i canali in hd presenti sul satellite, contro i 7 del DDT (dove sono presenti limiti di banda). Continua, a tal proposito, la “ipercompetizione” tra Skype e Mediaset, con ripercussioni positive sul lato dell’offerta consumer; l'arricchimento di quest’ultima contribuisce alla crescita della pubblicità sui canali digitali terresti e satellitari (+ 26%, pari a 530 milioni di euro e al 14%  dell’intera raccolta pubblicitaria) e, di conseguenza, alla riduzione, di quasi dieci punti percentuali, nei ricavi complessivi dei servizi a pagamento. Due i fenomeni più innovativi, da questo punto di vista, del 2010: l’introduzione delle televisioni 3D (ancora fenomeno di nicchia, in realtà, a causa, da un lato, della necessità di indossare gli occhialini e, dall’altro, del numero limitato di contenuti 3D disponibioli) e la diffusione delle Connected tv (che a fine 2010 erano circa 2,7 milioni, anche se solo una piccola parte, 180 mila, pari al 10% circa, era realmente collegata alla rete).

“IL MERCATO DELLE TV DIGITALI: LA DINAMICA DELLE DIVERSE PIATTAFORME”

Passiamo ora agli internet-media: sarebbero quattro, stando alla ricerca, le novità principali rilevate nel periodo in esame. Le prime due rappresentano un’evoluzione di trend già in corso in precedenza, mentre le ultime due sono portatrici di “un cambiamento paradigmatico del concetto stesso di Internet”.

Di natura semplicemente evolutiva è stata la diffusione capillare dei social media: sarebbero oltre 21 milioni gli utenti registrati ad almeno un social network, pari ad oltre l'80% di tutti gli utenti Internet attivi italiani, con un ruolo dominante occupato da Facebook (a fine 2010 ha quasi raggiunto i 18 milioni di utenti, con una copertura pari al 90% dei giovani italiani tra 0 e 24 anni e al 63% di quelli di età compresa tra i 25 ed i 30 anni); il tempo medio mensilmente speso sui social media è di circa 7 ore e pare il fenomeno si stia spostando anche sulle piattaforme mobile (più di 4 milioni di Italiani accedono ai social network tramite smartphone). Persistono i dubbi circa le reali potenzialità di ricavo, basate essenzialmente sulla pubblicità, di un mezzo sviluppato attorno a contenuti non facilmente controllabili poiché user-generated. Il secondo fenomeno di natura evolutiva che ha riguardato la rete è stato lo sviluppo di contenuti video: i fruitori italiani mensili di questo canale sono stati a fine 2010 quasi 15 milioni, pari al 60% di tutti gli utenti attivi nella rete in Italia.

Dalla portata rivoluzionaria, invece, l’introduzione, da un lato, dei tablet e “la trasmigrazione – dall’altro –  del concetto di Application Store dal mondo degli smartphone al mondo dei pc”. Gli editori avrebbero sviluppato 221 applicazioni diverse per smartphone e 126 per iPad. Con riferimento alle prime, a guadagnare la fetta più grande di mercato sono i periodici con il 44% delle applicazioni disponibili (pari, tuttavia, al solo 4% dei periodici esistenti in edicola), seguiti dai quotidiani (24%, pari a uno su due), dalle radio (20%, pari al 70% delle radio presenti) e delle tv  ferme al 12% (8% delle emittenti italiane ha una sua app). Il  5% delle testate analizzate (tra quotidiani, periodici, canali tv e radio) possiede, a gennaio 2011, un'applicazione appositamente dedicata su iPad, anche se in realtà, nella maggior parte dei casi, le applicazioni considerate rappresentano una esclusiva trasposizione su iPad della testata cartacea. Il cuore della novità paradigmatica è rappresentato soprattutto dalla nuova architettura (Application-based e non più Browser-based), dalla nuova infrastruttura (Tablet-based e non più Pc-based) e dalla disponibilità degli utenti a passare da una fruizione completamente gratuita, tipica della rete, ad una fruizione a pagamento, che punta sulla disponibilità di contenuti di valore.

Con riferimento, poi, ai mobile-media, continua a decrescere il mercato legato a contenuti tradizionali (ad esempio: servizi informativi via sms, video e musica in streaming), mentre cresce con forza l’offerta di contenuti su nuovi canali mobili (mobile web e application store).

L’Osservatorio ha poi  concentrato la propria specifica attenzione all’editoria periodica, analizzando circa mille riviste, delle quali il 68% sono mensili, il 20% bimestrali, il 10% settimanali e il 2% quindicinali. Il quadro che emerge non è certo rassicurante: solo una testata su cinque ha una presenza su Internet di qualità soddisfacente, poco più della metà (52%) ha un sito o una sezione vera e propria all'interno di un sito condiviso (in particolare 397 realtà hanno una presenza sulla Rete avvertibile, 182 hanno puntato in qualche misura sul Web ignorando però il mondo delle applicazioni e solo 21 possono dirsi realmente multicanali). Tutto questo nonostante un rapporto Censis/Ucsi su "I media personali nell'era digitale" confermi come l'informazione, soprattutto con riferimento alle nuove generazioni, passi ormai quasi esclusivamente attraverso la rete; e nonostante il calo degli introiti pubblicitari sulla carta stampata, che dovrebbe spingere gli editori ad essere più dinamici sulla rete, proponendo contenuti predisposti ad hoc, adattati alla rete e alle esigenze fruitive proprie degli utenti.

“LA PRESENZA SUL WEB DELLE TESTATE PERIODICHE”

La conclusione cui si arriva dall’Osservatorio New Media & Tv del Politecnico è che non è “sufficiente cercare di interpretare in modo corretto le molteplici potenzialità offerte da tutte queste novità, ma occorre qualcosa di più”, occorre “interpretare in modo corretto la propria vera identità all’interno del nuovo mondo digitale”,  occorre, in definitiva,  “un passaggio da Media Company  a Media Entrepeneur”. Un simile passaggio impone un radicale cambiamento culturale, non sempre di immediata attuazione all’interno del tessuto imprenditoriale italiano.