Internet libera e di qualità: solo un'utopia per diversi esperti. Con conseguenze a livello business e di investimenti.
Scritto da Dott. Tomaso Trevisson
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Come sarà nel futuro prossimo Internet? Cosa cambierà significativamente nella grande Rete? Jaron Lanier prova a spiegarlo nel suo libro "You are not a gadget".Due interessanti spunti di discussione vengono trattati in un'articolo sul IlSole24Ore.
Punto primo:
L’assenza di una vera guida: Probabilmente ognuno di noi passa gran parte del proprio tempo su 10, 15 siti al massimo con 2 o 3 di questi a coprire almeno il 50% del nostro web time (google, facebook, twitter etc..) è però la struttura pesantemente reticolare di internet (stupendamente descritta in questo libro) a portare le persone da un sito all’altro senza soluzione di continuità.
Punto secondo:
Il declino della qualità. la paura di non garantire la democrazia sta portando, secondo alcuni teorici, all’estremo opposto in cui l’idea di dar voce a tutti genera vera e propria spazzatura che il web deve prendersi carico di eliminare in qualche modo per non rendere poi problematica la fruizione del contenuto di qualità da parte dell’utente.
Ieri sera a cena un ragazzo che ha un’impresa mi diceva “qui siamo molto ignoranti, non abbiamo il sito anche se ne comprendiamo l’importanza”, ho risposto che la cosa che temo di più è proprio l’aumento del gap tra chi resta fermo e chi invece deve tenere conto di scienze nuove come la reputazione, l’usabilità, il branding (più che nuove direi ora gestibili) e crea specifici spazi di azione che aumentano la complessità di quello che è ormai, forzatamente, un mondo a sé stante: il web marketing.
Mi vengono in mente in proposito alcune riflessioni che vorrei sottolineare: in primo luogo una volta aperto google, internet è lo stesso per tutti, dal 15enne scalmanato (beato lui) al filosofo pensatore, la personalizzazione dei contenuti proposti è facile e possibile ma richiede uno sforzo anche se minimo di configurazione (di google, dei filtri etc..) ed inizialmente il modello di “proposta” dei contenuti da parte dei siti è abbastanza vicino a quello televisivo, più è difficile cercare più le persone accettano di farsi sottoporre qualcosa, prendendolo per vero.
Su questo tema leggo per caso mentre scrivo l’interessante presentazione del gruppo search engine marketing italy su facebook, la riporto integralmente:
Il search engine marketing ha cambiato il modo di fare pubblicità, invertendo le regole del gioco. Se nei mass media tradizionali sono gli inserzionisti a trasmettere informazioni a milioni di consumatori, nei motori di ricerca avviene esattamente il contrario: milioni di utenti ogni giorno comunicano agli inserzionisti ciò di cui hanno desiderio o bisogno in quello che Danny Sullivan ha brillantemente definito reverse broadcast system.
Sono filosoficamente in pieno accordo con l’idea, non vorrei però che il lento aprire gli occhi delle aziende portasse qualcuno a giocare secondo regole non stabilite riportando in auge quel modello broadcast che tanto abbiamo tenuto lontano.
Come? Sempre più spesso il contenuto è pensato per il motore e non per l’utente e non è sempre cosi vero che le esigenze coincidono, ecco perchè fortunatamente quando ci si avvicina vorticosamente al punto di rottura Google e gli altri cambiano le regole del gioco, proprio come sembra stiano facendo ora iniettando caffeina nei propri sistemi.
Tra la democrazia e la ricerca si presenta la realtà: sarebbe interessante prendere in mano uno dei nostri quotidiani nazionali e allo stesso momento analizzare la home page del relativo sito, “i video più interessanti” sono gli stessi che gli utenti condividono su facebook e buona parte dei titoli è condita da gossip, grande fratello e stranezza dal mondo.
In parte mi viene da dire che è quello che la gente vuole o forse è quello che la massa che fa i numeri (numeri che vengono poi venduti agli inserzionisti) cerca, Il corriere della sera deve quindi galleggiare tra far pagare un euro off line per la penna, la qualità, la riflessione e 0 on line portandosi in casa però un’utenza arruffata e rumorosa che inquina i commenti e, in qualche modo, porterà prima o poi il giornale (e molti altri spazi) a dover prendere una decisione, un pò come se la Ferrari avesse come clienti gli sceicchi e i fans dell’auto low cost.
Una possibile soluzione è quella di offrire dei siti di qualità, che anche non facendo numero danno molta più informazione.
Se invece continueremo a sostenere i grandi numeri andremo incontro inevitabilmente a dell'informazione "scadente" e "sporca", e avremo ben poco di cui lamentarci!